di Domenico Beccaria

 

Per quel che mi riguarda, ma credo sia un sentimento diffuso, specie se uno fa il giornalista, non c’è niente di più deprimente di non essere capito, soprattutto se uno si è sforzato di spiegarsi chiaramente, a costo di essere prolisso e maniacale nell’esposizione di tutti i dettagli, anche il minimo. Ma a volte lo spazio in pagina è tiranno, nel mondo della carta stampata e la necessità di sintesi sovente uccide la chiarezza di espressione e spiegazione.

E allora, visto che faccio il giornalista, scrivo, nella speranza che la parola scritta sul web, dove gli spazi in pagina sono praterie sconfinate, arrivi dove quella orale delle mie spiegazioni, sintetizzate per necessità dai colleghi della carta stampata, non è arrivata.

In questi giorni, negli argomenti caldi della tifoseria granata, c’è anche la ricostruzione completa del Filadelfia. Sono state date delle spiegazioni, anche davanti ad una commissione comunale, da parte del presidente della Fondazione, Luca Asvisio.

Non ero presente all’audizione, quindi non so cosa sia stato detto esattamente, ma non ho motivo di pensare che Asvisio non abbia dato informazioni corrette. Magari non è stato colto nella totalità il suo messaggio e quindi provvedo a ribadire alcuni concetti che non ho visto espressi da nessun articolo da me letto recentemente.

La Fondazione e il suo braccio esecutivo, la Filadelfia Servizi, hanno in cassa 1,7 milioni. Inoltre la Fondazione percepisce annualmente, in due tranche semestrali, 205 mila euro di affitto dal Torino FC. Questo le consentirebbe di accendere un mutuo di 2/2,5 milioni. Diciamo che, facendo una via di mezzo, ci sarebbero a disposizione 4 milioni. La realizzazione di servizio mensa e sala relax, costerebbe 700 mila euro.

Se questi lavori li realizza la Fondazione, la provvista economica scenderebbe a 1 milione, oltre al mutuo. Ma l’affitto del Filadelfia sarebbe adeguato al nuovo valore dell’immobile, fino ad un massimo di 240 mila euro, che consentirebbe di accendere un mutuo di importo superiore, tale da riportare la provvista a 4 milioni.

Se invece Cairo, per accorciare i tempi di realizzazione, stimati in circa tre anni, decidesse di farli con risorse sue, l’attuale provvista economica potrebbe essere impegnata in toto per il terzo lotto.

I due monconi superstiti del vecchio Fila, sarebbero infatti ristrutturati con soldi provenienti da erogazioni a fondo perso, ovvero gratis, provenienti dal ministero dei beni culturali e che quindi non andrebbero ad intaccare la nostra provvista economica.

Questi quattro milioni, quindi, coprirebbero i due terzi del fabbisogno per il progetto del terzo lotto, ovvero sei milioni, iva ed oneri compresi.

Se dalle fondazioni bancarie cittadine, o da altri mecenati sempre ben accetti, arrivassero i due mancanti, potremmo procedere senza indugi alla realizzazione del terzo lotto in un solo colpo.

Diversamente, come è avvenuto per il lotto sportivo, di cui non avevamo la copertura finanziaria totale e che ci ha obbligati a frazionare in lotto uno e lotto due, stessa sorte potrebbe toccare al lotto tre, frazionato in 3.1 e 3.2, in modo tale da consentirci di aprire il museo subito e completare il resto a breve giro di posta.

Quindi le risorse finanziarie ci sono, al massimo manca la volontà di usarle, ma questo è un altro argomento, che esce dall’ambito economico finanziario e sconfina nel politico.

Per quanto riguarda la Regione Piemonte, uno dei soci forti della Fondazione, la nuova giunta Cirio ha sposato una linea più attiva della precedente giunta Chiamparino, schierandosi apertamente per la riapertura dei lavori ed il completamento, museo in testa, del Filadelfia.

Manca invece all’appello la Città di Torino, che dopo l’inaugurazione ha dato evidenti segni di latitanza. La lentezza esasperante nel nominare un successore al dimissionario Salvadori, ha bloccato per quasi un anno i lavori della Fondazione e la nomina del successore, Asvisio, è avvenuta anche grazie al mio gesto simbolico, ma eclatante e finito sotto i riflettori, di far mancare il numero legale alla seduta del CdA in cui avremmo dovuto approvare il bilancio annuale. Il rischio dell’esercizio provvisorio, seppur teorico e remoto, ha scosso l’ambiente e portato alla nomina in breve tempo.

La mia modesta ma maligna impressione è che, nell’imminenza delle elezioni comunali della primavera 2021 ci sarà anche un contestuale nuovo impulso ed interesse da parte dell’amministrazione cittadina nei riguardi del Filadelfia.

Il Torino FC, da canto suo, continua nella sua politica sorniona ed attendista, che così bene ha fruttato in tutti questi anni.

Altra cosa molto importante su cui non c’è stata abbastanza chiarezza riguardo al futuro del lotto tre.

L’edificio che sorgerà sul lotto museale, realizzato dalla Fondazione Filadelfia, è ovviamente una proprietà immobiliare della Fondazione, come lo è anche il lotto sportivo. Ma esattamente come il lotto sportivo, che è stato dato in affitto all’utilizzatore sportivo, ovvero il Torino FC, sarà dato in affitto al soggetto culturale che allestirà e gestirà il futuro museo. La Fondazione sarà esclusivamente il padrone di casa che riscuote l’affitto, senza altri compiti o ingerenze gestionali, esattamente come avviene per il lotto sportivo.

Per quanto riguarda la definizione di chi sarà il soggetto che avrà l’onore e l’onere di allestire e gestire il museo, i lavori sono in corso già da tempo, in una direzione ben precisa. A Superga prima e a Villa Claretta Grugliasco oggi, l’Associazione Memoria Storica Granata, ha con tanto amore e tanta passione creato e gestito un museo splendido, ma amatoriale, ovvero gestito con le sole risorse dell’encomiabile volontariato di persone che hanno ritagliato spazi al lavoro ed agli affetti per aprire sabato e domenica e mantenere viva una fiamma di fede.

Il trasferimento al Filadelfia implica anche il passaggio ad un ruolo professionale, con l’apertura sette giorni su sette e, soprattutto, con il coinvolgimento attivo della società di riferimento, ovvero il Torino FC.

È infatti impensabile che questa situazione attuale perduri. Negli scorsi anni, nel mio ruolo di presidente del Museo, per intrecciare rapporti interpersonali e culturali con le altre realtà museali in giro per il mondo, ho visitato oltre trenta musei di calcio. Nessuna di queste vede la squadra di rifermento del museo, totalmente avulsa dalla gestione del medesimo, come è qui da noi. Quasi tutte le società sono le promotrici e proprietarie del loro museo e nella peggiore delle ipotesi, partecipano comunque attivamente alla sua gestione.

La difficoltà del compito sta nello riuscire a coniugare la passione tifosa dell’AMSG con le necessità imprenditoriali di una società professionistica di serie A, rispettando le differenti provenienze ed aspettative.

Ma sono convinto che con un po’ di buon senso e di buona volontà, sia un compito assolutamente assolvibile.

 

fonte: Torinoggi.it

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