Se lo valuteremo col cervello o col cuore, dipende solo da lui. In bocca al Toro.

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di Domenico Beccaria

Quando il 20 luglio 1969, l’astronauta americano Neil Armstrong posò il suo piede sulla luna, per la prima volta nella storia, il suo commento fu: “un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”.

A distanza di poco più di cinquantuno anni da quel momento che cambiò per sempre la storia, oggi ci ritroviamo, molto più in piccolo, a vivere un momento simile. 

Sul sito della Fondazione Filadelfia, ieri sera, sono state pubblicate due offerte da parte di privati per la realizzazione di due parti fondamentali del secondo lotto, ovvero la sala relax e la sala ristorazione per le esigenze interne del Torino FC. 

Poche centinaia di migliaia di euro, circa seicentomila, suddivise in due distinte offerte, di quattrocentomila circa per la mensa e duecentomila circa per la sala relax, ma rappresentano un cambiamento epocale nella vicenda Filadelfia. 

Significa, in soldoni, che Cairo ha capito che se vuole ottenere, in tempi ragionevoli, le due parti che più gli stanno a cuore, per cui lo scorso anno venne addirittura in CdA, per la prima volta da quando esiste la Fondazione Filadelfia, deve agire in prima persona, senza aspettare i tempi burocratici che la Fondazione, per ragioni legate al suo essere fortemente partecipata dall’ente pubblico, ovvero Città di Torino e Regione Piemonte, è costretta a seguire. Tempi che per un normale imprenditore privato sembrano secoli e per un dinamico uomo d’affari come Cairo saranno sembrate ere geologiche. 

Ovviamente, non esageriamo: l’ha capito a modo suo, cioè non mettendo le mani nel suo portafoglio in maniera totale, ma con l’aiuto di uno sponsor, il Cavalier Beretta, il Signore l’abbia in gloria, che ha fatto la parte maggiore sponsorizzando la sala refezione, mentre a Cairo è rimasta la sala relax. 

Comunque sia, si tratta sempre di duecentomila maledetti e sanguinosi euro, possiamo immaginare salutati col groppo in gola mentre uscivano dal suo portafoglio. 

Parafrasando Neil Armstrong, “un piccolo passo per l’uomo d’affari, un grande balzo per il presidente”. 

Questo vuole sicuramente dire che, obtorto collo, Cairo ha capito che solo il suo intervento diretto poteva essere risolutivo per sbloccare la situazione, che si trascinava ormai dal maggio 2017, data dell’inaugurazione e non sembrava voler giungere ad un epilogo in tempi brevi.  

Con un po’ di fortuna vuole anche dire che, forse, Cairo ha capito la differenza che c’è tra essere l’azionista unico del Torino FC S.p.A. ed essere il presidente del Toro. 

Ha capito che l’azionista ragiona col cervello e col portafoglio e dai tifosi viene valutato col cervello e coi risultati, mentre il presidente ragiona col cuore e dai tifosi viene valutato col cuore. 

Il cervello non perdona gli insuccessi, molti, fin qui collezionati nel suo quindicennio alla guida del Torino FC, mentre il cuore riesce a passare sopra anche alle delusioni più profonde di chi cerca, con onestà intellettuale e passione di sedere con dignità sulla poltrona che fu di Enrico Marone, Ferruccio Novo e Orfeo Pianelli, credendo o cercando di ispirarsi a loro. 

Se veramente questo balzo in avanti è stato fatto, lo sapremo solo nei prossimi giorni, valutando se per la campagna acquisti, oltre che per il rapporto, oggi ai minimi storici, che saprà e vorrà cercare di riallacciare con la tifoseria. 

Se lo valuteremo col cervello o col cuore, dipende solo da lui. In bocca al Toro.

Fonte TORINO OGGI

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