di Domenico Beccaria

Playoff e playout, o forse un algoritmo. E spettatori cartonati. Una riga vuota in segno di stupore, ma ancor più di lutto, per questa morte straziante dello sport, ce la vogliamo mettere?

Due secoli e mezzo prima che nei verdi prati di Inghilterra una sfera rotolasse, inseguita da ventidue giovanotti in calzoncini corti, un nobile figlio di quell’isola che ha dato i natali al football moderno, scriveva: “Ma l’uomo, l’uomo orgoglioso, ammantato d’una breve autorità, sommamente ignorante di ciò di cui si crede più sicuro, nella sua essenza fragile, come uno scimmione collerico, compie tali trucchi fantastici, al cospetto dell’alto cielo, che gli angeli piangono”.

Ovviamente William Shakespeare non immaginava che a far piangere gli angeli sarebbero stati, colti dalla disperazione generata dal flagello del terzo millennio, ovvero la Sars, giunta alla sua seconda edizione dopo quella del 2003, i dirigenti delle federazioni calcistiche europee, che dopo aver trasformato “il gioco più bello del mondo” in un circo per fabbricare soldi, si sono visti il giocattolo mandato in frantumi dalla pandemia, fermo, inutilizzabile, a generare costi, anziché profitti.

E allora, al posto di rassegnarsi e dire “pazienza, quest’anno è andata così, ricominceremo il prossimo anno da capo”, cosa è balzato in mente a questi geni del ventunesimo secolo, per tentare di rianimare un morto che non puzza ancora ma poco ci manca?

Si ricomincia, con un protocollo sanitario strettissimo, sempre in bilico sullo strapiombo della sospensione per positività di uno o più dei calciatori impiegati e quindi soggetti al rischio di contagio, ma pronti al peggio. Se il virus colpisse oltre il limite ipotizzato, si ricorrerebbe ai playoff e playout per decidere campioni e retrocessi. E fin qui, sarebbe ancora accettabile, benché inconsueto, ma almeno sarebbe il campo a dare un verdetto, più o meno giusto. Ma se il morbo infuriasse più dell’immaginato e dell’auspicato, il paradiso e l’inferno sarebbero decisi da un algoritmo.

Una riga vuota in segno di stupore, ma ancor più di lutto, per questa morte straziante dello sport, ce la vogliamo mettere? Ma si, dai, mettiamocela.

Ecco, dopo aver osservato una doverosa riga di silenzio, riprendiamo, perché non è mica finita qui. L’immaginazione sfrenata dei Padroni del Vapore, pare non aver limiti ne pudore.

Ci sono i giocatori in campo, ma mancano gli spettatori. Oddio, ma magari con qualche cartonato (non scudetto, ma tifoso), messo artisticamente qua e là sui seggiolini, gli spalti sembrerebbero meno vuoti, meno tristi. Chissà se nell’intervallo qualche solerte steward li accompagnerà a pisciare e a prendersi una birra, o se resteranno, immobili e tristi spettatori di questo funerale del buon gusto, fino alla fine della gara, anzi, della stagione?

Ma qualche mente “hi-tech” ha anche ipotizzato di usare proiettori per creare effetti di luci tali da far sembrare che ci siano tifosi in movimento, sciarpe e bandiere, e pure cori. Chissà se hanno previsto di mandare in scena anche esultanze ai goal segnati e fischi (e magari cori razzisti, giusto per non farci mancare nulla e restare aderenti alla realtà quanto più possibile) contro arbitri ed avversari?

E poi, ciliegina sulla torta, quando i rischi del contagio saranno meno pressanti, consentire a un numero ridotto di spettatori, si ipotizza tra il 10 ed il 25% della capienza dell’impianto, di assistere alle partite.

Per noi granata non sarebbe un problema decidere chi entra e chi sta fuori, tanto, escluse poche gare di cartello, la media spettatori è pressappoco quella.

Ma i cugini di campagna, che hanno lo stadio praticamente esaurito ogni partita, come faranno? Una lotteria dei biglietti? Già, ma se ho già sottoscritto un abbonamento? Che faccio, ho pagato e sto fuori, mentre un altro che, come me ha pagato, entra?

Siamo al confine tra il surreale ed il vessatorio e dobbiamo ancora considerare un piccolo problema, appena appena secondario.

La capienza ridotta, servirebbe per consentire ai fortunati spettatori che potranno entrare, di osservare il distanziamento sociale. Magari in tribuna sarà così, salvo forse in caso di goal segnati e relative esultanze. Ma nelle curve calde, quei settori in cui, con buona pace di tutta una lunga serie di politici e guardiani dell’ordine pubblico, da Pisanu in poi, nessuno è mai riuscito a far sedere la gente al suo posto, men che meno a farli sedere lontani, essendo l’assembramento a centro curva, rigorosamente in piedi, uno a fianco all’altro, come la testuggine della fanteria di Roma Imperiale davanti al nemico, il massimo dell’onore cui un vero ultras ambisce, per potersi stringere coi suoi fratelli e sorelle di fede e cantare dal primo all’ultimo minuto, come la mettiamo col metro (o metro e mezzo, o due o chissà quanto, che non l’ha ancora capito nessuno) richiesto dai nostri amici virologi?

Pare che Liverpool vs Atletico Madrid abbia causato 41 morti per Covid19 tra gli spettatori dei reds che hanno assistito alla gara. Chi se la sente di mettersi sulla coscienza eventuali casi analoghi nel nostro campionato?

Mi fermo qui, perché gli angeli shakespeariani hanno pianto così tanto, a vedere certi trucchi fantastici al cospetto dell’alto cielo, che hanno finito le lacrime.

Con la speranza che a versare lacrime amare ed annunciate, non si debba essere noi.

Fonte Torino Oggi

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