La riprova sta in due episodi, distinti nel tempo e nella forma in cui si sono concretizzati, ma con un unico comune denominatore: la Fede Granata.

Il derby perso, senza se e senza ma, è soltanto la boa attorno a cui far girare temporalmente le rimostranze del Popolo Granata sempre più roso dall’indignazione e al contempo sempre più demoralizzato dallo scoramento di non riconoscersi più in quella maglia che molti dei tesserati del Torino FC indegnamente indossano, inconsci di cosa significhi, di cosa rappresenti, per tutti noi.

La riprova sta in due episodi, distinti nel tempo e nella forma in ci si sono concretizzati, ma con un unico comune denominatore: la Fede Granata.

Sabato mattina, sono stati circa trecento i tifosi, dei più caldi, a ritrovarsi davanti allo stadio Grande Torino per urlare la propria rabbia verso una conduzione societaria completamente sorda alle richieste che la piazza sta facendo, ma non solo da quest’anno, sempre più sentire al patron granata, per rivedere in campo una squadra, non un coacervo di giocatori, che si dimostri degna della storia del club e dei personaggi che l’hanno scritta.

Il risultato del derby non era ancora maturato, quindi non si può neppure legare questo flash mob ad una delusione, per quanto cocente, che abbia fatto deflagrare qualcosa di inatteso, ma si può tranquillamente parlare di una contestazione annunciata, figlia di un fuoco che, più o meno sotto la cenere, cova già da lungo tempo.

Domenica invece è toccato a Cinzia, mamma granata, di impugnare la penna, o la tastiera, per rivolgere al presidente, tramite una lettera pubblicata sia in rete che dai maggiori quotidiani, le sue lamentele di madre e tifosa, in cui esplode la dicotomia tra il dovere della verità e del messaggio correttamente educativo del genitore, e la necessità della pietosa menzogna del tifoso, che proprio in ossequio a questo suo ruolo di tifoso accecato dalla fede, nega innanzitutto a se stesso e poi ai figli piccoli, che vorrebbe continuatori della tradizione familiare granata, la cruda ed impietosa evidenza dei fatti.

Ovvero il derby, che una volta era la coppia di partite stagionali che loro avrebbero ben volentieri cancellato dal calendario, per quanto le pativano, sapendo che anche un risultato favorevole, quasi sempre in bilico, sarebbe giunto solo a fronte di sofferenze e palpitazioni cardiache insopportabili, trasformatosi ora solo più “sei punti sicuri”, non solo nella loro definizione beffardamente insolente verso di noi, ma anche nella realtà delle statistiche, che ci vede come l’avversario che nell’ultimo decennio ha concesso loro più punti negli scontri diretti.

Dopo aver esplicitato a Cairo le sue difficoltà di mamma tifosa, Cinzia ha garbatamente chiesto all’azionista unico del Torino FC S.p.A. per poterlo poi riferire alla figlioletta, quale sia il suo progetto sportivo per gli anni a venire, al di là dell’ormai noto e stantio pareggio di bilancio, che pur restando obiettivo legittimo, non figura nell’oggetto sociale di nessuna società sportiva, a partire dai Galacticos del Real Madrid fino al Ceres ASD qui, a due passi da casa mia.

L’obiettivo che qualsiasi sportivo, sia in forma individuale che collettiva, dovrebbe perseguire con ferocia sportiva, è competere al massimo delle proprie possibilità per vincere, punto e basta.

Sarà interessante capire se e come Cairo risponderà, magari non a parole, ma con fatti concreti, alle lamentele che da parti così opposte, per provenienza e forma, gli arrivano da più parti del mondo granata.

Uno degli appunti che con più forza venivano mossi dai tifosi al presidentissimo, era di aver spaccato un mondo per antonomasia unito da sempre, coagulato indissolubilmente attorno ai colori granata da tragedie epocali uniche nel loro genere, come Superga, Meroni e Ferrini, anche solo prese singolarmente, ma ancor più segnanti e coesive se concretizzate nel contesto di una sola realtà sportiva.

Oggi, con un assiduo lavoro di sgretolamento di quei valori sportivi e morali, il presidente sta invertendo la tendenza, assottigliandosi giorno dopo giorni le fila dei cosiddetti “Cairo Boys” (e Girls) per andare ad ingrossare quelle dei disincantati ed arrabbiati che di questo vitellino impaurito, a torto spacciato per Toro, non ne possono proprio più.

di Domenico Beccaria

Fonte Torino Oggi

 

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